Diaframma, lunghezza focale e profondità di campo

In fotografia o nel cinema, la profondità di campo rappresenta la zona in cui gli oggetti nell’immagine appaiono ancora nitidi e sufficientemente focalizzati, nonostante il piano a fuoco sia uno soltanto. Spesso viene abbreviata con l’acronimo PdC (o DoF dall’inglese Depth of Field) ed è nota anche come profondità di campo nitido.

Essa è principalmente influenzata da due fattori: L’apertura del diaframma e la lunghezza focale dell’obiettivo.

Guardiamo queste Gif per  ricordare o comprendere meglio quanto la chiusura o apertura del diaframma influenza la profondità di campo.

A maggiore apertura del diaframma (es. 1.4) corrisponde una minore profondità di campo  e il soggetto a fuoco viene contrastato dal resto dell’inquadratura.

N.B. Abbiamo visto come in ambienti poco illuminati ci sia necessità di usare il diaframma aperto al suo massimo e non ci sia scelta. In ambienti illuminati si sceglie invece di usare il diaframma aperto per evidenziare una parte dell’inquadratura, rendendola nitida rispetto al resto.

A minore apertura del diaframma (es. 22) corrisponde una maggiore profondità di campo, e tutto il piano può risultare nitido. 

N.B. Abbiamo visto come in ambienti illuminati dalla luce solare diretta ci sia spesso necessità di chiudere il diaframma a meno che non si disponga di filtri da applicare alle lenti.  Quando l’ambiente e i nostri strumenti ce lo consentono si sceglie invece di usare il diaframma chiuso per avere a fuoco tutta l’inquadratura, rendendola nitida.

Notiamo adesso un altro fattore. Per fare queste gif sulla profondità di campo gli autori hanno chiuso o aperto il diaframma pur tenendo la stessa esposizione. Eppure abbiamo visto che chiudendo il diaframma diminuisce la luce. Per avere una esposizione stabile pur chiudendo il diaframma possiamo cambiare altri parametri ad esempio ISO o Shutter Speed

Cambiando lo Shutter Speed, (in italiano la velocità dell’otturatore, in altre parole il tempo di esposizione delle foto/ dei fotogrammi) potremo avere la stessa esposizione raddoppiando il tempo per ogni step di chiusura del diaframma.

Guardate riassunto questo suggerimento in questo schema tecnico ricordando che il tempo negli otturatori di macchine fotografiche e cineprese viene indicato in frazioni di secondi o secondi (dunque in questo schema, 1000 equivale a un millesimo di secondo con diaframma aperto a f/1 e un secondo con diaframma chiuso a f/ 32.

Ma torniamo alla profonditò di campo.

Guardiamo (o riguardiamo) invece quest’altra GIF per capire quanto la lunghezza focale dell’obiettivo influenzi profondità di campo ma anche la distorsione delle distanze.

Per fare questa gif il fotografo ha cambiato obiettivi con diverse lunghezze focali ( dai 16 mm ai 200 mm), in gergo ” ha zoomato”.  Per tenere gli occhi del ragazzo sempre nella stessa posizione e grandezza dell’inquadratura si è allontanato dal suo soggetto per ogni cambio. (Focalizzate l’attenzione nel riflesso degli occhiali per notare come il fotografo si allontana, si intravede! 🙂 ) Questo effetto è usato alle volte nel cinema per trasmettere allo spettatore l’ansia della persona ripresa, in inglese si chiama DOLLY ZOOM,  e viene anche chiamato effetto Vertigo, o “Hitchcock effect”  dal film di Hitchcock  “Vertigo” dove fu usato una delle prime volte.

Nel nostro caso vorrei però che voi più che sull’effetto emozionale, vi concentriate sugli aspetti tecnici. Con questo esperimento è facile vedere sia il cambio di profondità di campo data dalle lunghezze focali, che la percezione e distorsione delle distanze.

A livello tecnico possiamo riassumere notando:

Più la lunghezza focale sarà corta maggiore sarà la profondità di campo, e viceversa.

Con un obbiettivo con una lunghezza focale corta (detti anche grandangoli, per esempio dagli 8mm ai 24mm) avremo una profondità di campo elevata e una percezione dello spazio più dilatato.

Con un obbiettivo con una lunghezza focale lunga (detti anche “Tele” o “super tele” per esempio dai 90 mm ai  1000 mm) avremo una profondità di campo ridotta e una percezione dello spazio più compressa.

Vediamone un altro esempio, in questo caso il fotografo francese  Micaël Reynaud ha usato questa tecnica in una spiaggia, prendendo come soggetto un blocco di cemento e cambiando la lunghezza focale da 24 mma 840 mm. Probabilmente ha fatto questo esempio tenendo un diaframma abbastanza chiuso perché non abbiamo un cambio così elevato di profondità di campo come nelle altre gif. In compenso viene davvero esasperata la compressione o dilatazione degli spazi. Comprimendo darai l’impressione di essere più dentro la scena, o che i personaggi siano più vicini di quanto davvero non siano allo sfondo o a un soggetto dietro (es. inseguimenti). Dilatando invece darai più aria all’inquadratura, creando un senso di ampiezza, anche quando i soggetti sono troppo vicini.

In base a questi concetti, quando dovrai scegliere  con che  lunghezza focale (e quindi un obiettivo) riprendere la tua scena,  più che considerare quanto questa possa ingrandire considera:

  1. Quanto essa influenzi la profondità di campo
  2.  Quanto essa comprima o dilati gli spazi.
gif vertigo
Micaël Reynaud – Vertigo zoom – 24 mm 840 mm

Anche questo è un esempio interessante per capire quanto le differenti lunghezze focali possono incidere sulla percezione di una particolare scena.

ESERCIZIO PRATICO: Cominciate a guardare i film, le serie, gli spot provando a notare la profondità di campo di ogni inquadratura.

Questo articolo è  rilasciato secondo una licenza Creative Common Attribuzione – Non commerciale -Condividi allo stesso modo 3.0 Italia (CC BY-SA 3.0 IT). Leggi cosa puoi fare qui. A cura di Cladinè Curreli.
‘A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?’ Eugene Smith
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Cladinè

Cladinè Curreli è una fonica di presa diretta, una tecnica audio-video e un’artista multimediale sarda. Laureata in Media e Giornalismo all'Università di Firenze, diplomataa all’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna, crea e lavora da oltre 15 anni come professionista audiovisiva e tecnica multimediale freelance, spaziando dalla presa diretta al mix, dalla video-arte ala ricerca etnografica, passando per fotografia, grafica, murales, illustrazione e lineolegrafia. Nel 2017 ha realizzato regia, camera, montaggio, color e mix per il documentario“Oltre l’aporìa” (Beyond Aporìa), un corto sperimentale di parola con richiami stilistici all’audiovideo-art e l'obiettivo di documentare e valorizzare alcuni volti e alcune voci della lotta antimilitarista sarda dal basso aiutando a riaprire il dibattito sull’urgenza della fine delle occupazioni militari.

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